Repubblica: la I fu dei grandi Appalti, la II delle Nomine e la III?

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e_nata_la_repubblica_italiana4_352-288Di Michele Cannavò

Se la fine della prima repubblica è stata segnata dallo scandalo delle tangenti è anche vero che la seconda è stata caratterizzata dal controllo delle nomine.
In questo senso troviamo dei riscontri nelle bufere giudiziarie che in questi ultimi 18 mesi e più stanno coinvolgendo e sconvolgendo la pubblica amministrazione, le istituzioni e gli uomini che le compongono, estendendosi su tutto il territorio nazionale, dal Comune al Parlamento.
Scandali che tanto ricordano, in relazione alla tipologia dei soggetti coinvolti, quelli di oltre 20 anni fa (in certi casi sono proprio gli stessi di 20 anni fa).
Il fine? È semplice ed è sempre lo stesso: il controllo del Potere.
Un alternativo punto in comune? L’Europa.
La prima repubblica ci ha dato Maastricht nel ‘92 (uno degli ultimi atti ufficiali del fibrillante VII governo Andreotti, prima di passare il compito al governo Amato), segnando l’inizio del percorso europeo; la seconda, con l’avvento diretto dei Tecnocrati, il fiscal compact nel gennaio 2012 (ovvero subito dopo la caduta dell’ultimo governo Berlusconi).
Prima di Maastricht, e soprattutto da quel momento in avanti, lo stato italiano ha recepito direttive, promulgato leggi e norme che di fatto hanno limitato il potere politico, almeno in certi ambiti, quasi a volerlo correggere.
Da quel momento in poi, naturalmente, il potere politico ha avviato il proprio processo di adeguamento che inizialmente ha visto la commistione tra il “politico” ed il “burocrate” al fine di mantenere un rapporto diretto con il mondo imprenditoriale e successivamente si è spinto fino a raggiungere le fondazioni bancarie e non solo.
Con il fiscal compact, naturalmente, si è aperta una nuova fase.
Basti pensare alla riduzione della spesa pubblica, cresciuta dal 2000 al 2010 del 24.4%, che da un lato rappresenta l’oggetto principale delle richieste provenienti dall’Europa e dall’altro vede il tentennamento delle istituzioni italiane: quasi un processo di aggiustamento ed adeguamento dettato dalla necessità.
Ovvero, se da un lato in termini sistemici vi è stata una cessione graduale dei poteri, dallo Stato verso l’Europa, dall’altro abbiamo assistito ad un processo di assestamento della classe dirigente del nostro paese rispetto alle nuove regole che governavano la partita.
Quanto scritto ritengo sia importante, in particolare, in relazione ad uno dei punti più cruciali delle recenti discussioni politiche e non solo, ovvero la creazione e la regolamentazione delle “Aree metropolitane”.
Questo tema di fatto evidenzia il graduale ma inesorabile processo di redistribuzione dei poteri decisionali all’interno dell’architettura “Europa-Italia-Regione-Comune”.

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